«Sia principessa o contadina, sia che indossi l'ermellino o il mantello foderato di pelo d'agnello, sempre questa donna con la pelliccia e la frusta, che rende l'uomo suo schiavo, è una mia creatura». Con queste parole lo scrittore galiziano Leopold von Sacher-Masoch (1836-1895) ha tratteggiato l'ossessivo fantasma della propria esistenza e della propria fantasia artistica, quell'immagine di donna - preludio alle dispotiche e crudeli figure femminili della letteratura fin de siècle - che ha possentemente ispirato la più nota delle sue opere, "Venere in pelliccia", qui presentata nella seconda e definitiva edizione del 1878. Lungi dal risolversi nella descrizione di una patologia psichica, questo romanzo - entrato ormai tra i «classici» della letteratura - condensa e radicalizza in un complesso eclettismo la critica romantica della civilizzazione europea. Come ha scritto Gilles Deleuze, Masoch è stato un grande antropologo, «nello stile di coloro che sanno investire la loro opera di una completa concezione dell'uomo, della cultura e della natura». Con uno scritto di Gilles Deluze.