Gli Studi di danza negli anni del secondo millennio si sono posti nuovi quesiti e hanno esplorato nuovi campi d'indagine. Il periodo che va dalla comparsa dei così detti trattati di danza manoscritti del XV secolo fino al tramonto dell'Antico regime è un terreno di ricerca fecondo e un utile osservatorio per comprendere la genesi di alcuni aspetti della cultura e della società italiana ed europea. La «Parte prima» del volume affronta la dialettica fra storia e memoria: nel XV e nel XVI secolo, fra le nascenti pratiche della rappresentazione la danza, in un connubio "armonico" complesso e articolato con la musica, è considerata alla stregua di un'arte della memoria, una strategia per trattenere il significato, trasformarlo e tramandarlo. Nella «Parte seconda» si indaga il rapporto che si stabilisce fra educazione alla danza e sua pratica all'interno della corte: a partire dal Rinascimento il complesso sistema del processo di civilizzazione proprio dell'età moderna passa attraverso la trasformazione del corpo danzante come test di appartenenza sociale, strumento educativo e di controllo e luogo di potere per orientare pratiche, routine e comportamenti. La «Parte terza» del volume indaga, infine, i rapporti fra immagine e danza nel complesso gioco di rimandi culturali della società di Antico regime, e si pone la questione cruciale di quanto e secondo quali condizioni la rappresentazione pittorica e figurativa possa essere considerata un documento storico in grado di restituirci il senso di una pratica performativa.