«Se dovessimo segnalare al lettore di oggi una parola chiave di questo libro - scrive Riccardo De Benedetti nella postfazione -, capace di indicare il senso di un percorso possibile all'interno della sua scrittura febbricitante eppure orientata alla consapevolezza più nitida di ciò che accade all'uomo moderno, questa potrebbe essere reintegrazione. Parola attraverso la quale è possibile indicare buona parte della stessa produzione poetica di Milosz, posta sotto la luce di ciò che è stato chiamato "l'amore mistico delle cose". Di fronte alla lacerazione dell'esperienza moderna le cose conservano al fondo di sé stesse una "verità silenziosa" che solo la voce del poeta è in grado di risvegliare e ripresentare alle orecchie sorde dell'uomo. Fedele alla sensazione, che, almeno in questa dimensione, non tradisce, l'uomo attento, il poeta, è come "avvolto di tenera polvere/ Come questi vecchi libri fruscianti che sanno di vento/ E del sole dei ricordi". E questo è possibile perché "fisicamente, il cosmo scorre in noi tutto intero: ma se il mare primitivo, che fu uno dei nostri primi habitat e la cui respirazione regola tuttora quella del nostro cuore, se il mare ricorda, noi, noi abbiamo dimenticato"». Ars Magna fa parte delle opere filosofiche di Milosz, opere - come scrive nell'introduzione Laura Madella - «ermetiche ed esoteriche, ragionamenti serrati cui il lettore accede solo con una chiave - come quella dell'Apocalisse -che quasi mai si trova al suo posto, nello svuotatasche della Logica; la chiave di lettura va cercata, e ancora, tuttavia, la ricerca lucida e scrupolosa non garantisce di per sé il ritrovamento. Come nelle migliori quest epiche e letterarie, gli indizi e a volte lo stesso tesoro si intuiscono, o si rivelano come per illuminazione».