Romanzo in versi, "L'angel" (1994), e al tempo stesso poema che, partendo dalla viva esperienza dell'autore, ci porta nei rivoli della storia attraverso un fitto succedersi di vicende. Come scrisse Cesare Segre nel risvolto della prima edizione, «Loi ci dà una specie di autobiografia trasformata in visione», dove il mito dell'angelo caduto, nella sua nostalgia di Paradiso, spazia in una realtà mista di amore e dolore, di follia e di passione, anche politica, riportandoci a contatto con eventi che hanno segnato e ferito il cammino del nostro paese, a partire dagli anni Trenta. Realistico e fantastico insieme, Franco Loi giunge alla poesia utilizzando i più vari elementi dell'esperienza e realizzando un organismo testuale coeso e al contempo di grande varietà interna, muovendo la sua estrosa vitalità nel racconto condotto in lingue diverse, a seconda delle circostanze e dell'ambientazione. E dunque nel milanese, sempre centrale nella sua opera, ma Loi trova modo di articolare il suo procedere anche in italiano, e poi nel genovese, nel colornese, nel romanesco, in un aperto gioco di felici contaminazioni sorretto da un'energia espressiva e da una carica progettuale interna di insolita forza e capace di coinvolgere il lettore a ogni passaggio. Loi accompagna il poema con una serie di note e capitoli di autocommento che danno ulteriore risalto di idee al quadro complessivo de "L'angel" e che, con il passare dei decenni, ne accrescono il valore e l'imprescindibile sostanza culturale, e la sempre più evidente e inconfondibile identità di classico della nostra letteratura del Novecento.