Un desiderio di trasmettere, di spiegare. Di spiegarsi, anche. Riguardo alla coerenza di un pensiero che l'apparente dispersione e varietà dei soggetti affrontati aveva in parte mascherato. Bruno Latour, definito da «Le Nouvel Observateur» senza mezzi termini «l'intellettuale francese più influente del mondo», si è concesso a questa serie di interviste con una semplicità, una gioia e una energia che sopraggiungono soltanto nei momenti in cui sappiamo che la vita, e soprattutto la vita della mente, si condensa. Una pace legata a un sentimento di urgenza, un'immanenza inseparabile dall'imminenza e dalla necessità di concentrare, riassumere, mostrare. Una preoccupazione per la chiarezza, un piacere della conversazione, un'arte dello spettacolo. Come se tutto si chiarisse mentre la fine si avvicina. Latour ci offre qui una straordinaria cassetta degli attrezzi per immaginare nuovi modi di esistenza e di azione. Un invito a «diventare terrestri», dando prova di quell'empatia con la Terra che riteneva sempre più necessaria, perché «l'ecologia è la nuova lotta di classe», e «perché i conflitti non sono soltanto sociali, ma geosociali».