Chi entra nel mondo delle credenze popolari capisce ben presto che non si dovrebbe mai tradurle nell'ordine razionale e scientifico in cui oggi crediamo. Tolti dalla loro realtà, questi elementi, presi a uno a uno, separati dagli altri, diventano pezzi di una stravagante collezione: acquistano altri valori, perdendo quelli originali, essenziali, per cui sono nati ed esistono; perdono la dimensione della vita istintiva, naturale, che fa perché sente di fare e non si chiede altro perché. Sarebbe come vedere il museo dell'agricoltura del passato in un mondo dove non si è mai visto o s'immagina a stento la vita della terra. Per conoscere veramente le cose c'è un modo solo: viverle. Diversamente non sono molto diverse dai graffiti dell'uomo preistorico. (...)