«Infine Enea arrivò a quella terra d'Italia che è chiamata Laurento, dal nome dell'alloro, su cui regnava Latino... Quello era dunque il luogo che il fato indicava per fondare una città» Origine del popolo romano, 10-11. Favolosi, intemporali: ogni città ha i suoi miti di fondazione, costellati di profezie e oracoli, il suo parterre di eroi. I Romani, che pure attingono a piene mani dalla mitologia greca - appena cambiando i nomi: Ermes/Mercurio, Atena/Minerva, Herakles/Ercole... -, dispongono di un ampio repertorio di racconti autoctoni, che parlano delle origini del loro popolo. Vi si narra di ninfe dei boschi; del fondatore Enea, straniero e designato; dei gemelli abbandonati Romolo e Remo, della lupa che li allattò; del pastore Faustolo che li raccolse; di un fratricidio, a ricordarci che gli albori scontano sempre un atto barbarico; di una serie di re, Romolo appunto e i restanti sei. Tra mito e storia, accanto agli eroi entrano in scena le donne, con il ratto delle Sabine, la sventurata Tarpea, Egeria che dettò le leggi a Numa, Lucrezia e il suo nobile senso dell'onore, le vestali, Clelia e le giovani romane. Un mondo prodigioso, quello che Giulio Guidorizzi dischiude con garbata sapienza, invitandoci a seguire i primi passi di una civiltà destinata a conquistare l'abbagliante titolo di Caput Mundi.