'Soledades' di Luis de Góngora (1561-1627) è una delle opere poetiche più prodigiose della grande età del barocco, non solo spagnolo. Dimenticato per secoli, Góngora è stato riscoperto nel Novecento dalla critica, ammirato, imitato, tradotto dai poeti (in Italia soprattutto Ungaretti, e ora Cesare Greppi, che qui dà una versione integrale e magistrale delle 'Solitudini'). Uno dei suoi ammiratori più fervidi, García Lorca, scrive di lui: «Góngora non va letto ma studiato. Non viene a cercarci, come altri poeti, per renderci malinconici; bisogna inseguirlo ragionevolmente. Góngora in nessun modo può venir capito a una prima lettura... Non crea le sue immagini sulla stessa Natura, ma porta nella camera oscura del suo cervello l'oggetto, che ne esce trasformato... Intuisce con chiarezza che la natura che è uscita dalle mani di Dio non è la natura che deve vivere in poesia... Non è spontaneo, ma ha freschezza e gioventù. Non è facile, ma è intelligente e luminoso». Con uno scritto di Lore Terracini.