Maya è come un gioco. Si può scegliere il compagno prediletto, tra lo scienziato che crede negli angeli, la seducente ed enigmatica ballerina di flamenco, il giornalista televisivo che si lancia in elucubrazioni su jolly ed elfi, o addirittura optare per un geco parlante che adora starsene accovacciato su bottiglie di gin. Anche il posto dove svolgere il gioco è a scelta di chi entra in competizione: un'«isola giardino» delle paradisiache Fiji, oppure le sontuose sale del Museo del Prado, o i rigogliosi boschi norvegesi, o l'antico quartiere gitano di Siviglia. Così come lo scenario del tempo: dal lontanissimo periodo devoniano quando i primi anfibi emersero dalle acque, a quel giorno d'estate dell'800 in cui Goya dipinse il capolavoro della maya desnuda, al primo giorno dell'anno 3000. Quanto alle regole di questo gioco, si scopriranno soltanto giocando, leggendo cioè le 52 carte di questo romanzo e interpretando i loro bizzarri, stravaganti messaggi. Nel suo libro più fantasioso, imprevedibile e profondo, Jostein Gaarder ci regala un vero e proprio «manifesto» filosofico, rivelandoci quanto sia stupefacente, quasi miracolosa, l'esistenza degli esseri umani ed esaltando la travolgente, inarrestabile forza vitale dell'amore.