L'esotismo non è stato un genere letterario, pittorico e musicale, ma una dimensione ideologica, un modo mentale e sensitivo di rappresentarsi i luoghi lontani che ha inizio successivamente ai viaggi, dopo il ritorno, attraverso la reinvenzione dei mondi visitati, e quindi dopo la loro perdita. Nei resoconti di viaggio di naturalisti del Sette-Ottocento il genere dell'esotismo non appare ancora costituito. Georg Foster, giovane naturalista tedesco che a diciotto anni partecipa alla seconda spedizione navale del capitano James Cook nel 1772-75, non descrive i costumi dei nativi, allora considerati primitivi, ma di fronte a ciò che è «diverso» perché non europeo (le norme etiche dei polinesiani, le loro credenze religiose, i costumi sessuali, il cannibalismo) Foster si rifiuta sempre di fare facili commenti eurocentrici (Nicolao Merker). La descrizione che Foster rende di Tahiti al suo arrivo non pare molto diversa da quanto scriverà il ventiduenne Charles Darwin nel suo memorabile Voyage (1831-36) intorno al mondo sul brigantino Beagle: "Nulla mi piacque tanto quanto gli abitanti". Vi è una dolcezza nell'espressione delle loro fisionomie che bandisce subito l'idea di selvaggio, e un'intelligenza che mostra che sono di una civiltà avanzata. Che l'esotismo nella sua variante di orientalismo sia stato insieme un'ideologia del colonialismo, e quindi cultura di occupazione della classe dominante, e forza eversiva, e quindi gusto, atteggiamento e spirito contrario alla morale comune borghese, è dimostrato da un episodio singolare della vita di Gustave Flaubert, narrato dallo scrittore nel suo Voyage en Egypte (1849-1851), quello del suo incontro con la cortigiana Kuchuk Hanem, la femme qui danse, che rende una visione tipica dell'esotismo della donna come meretrice e maga.