La pandemia ha scosso le fondamenta della sanità e amplificato una crisi che ormai non può più essere ignorata: l'intero impianto concettuale della medicina come scienza della natura non aderisce più ai bisogni estesi della società e all'esigenza ormai insopprimibile per il cittadino di avere un altro genere di relazione con il sapere scientifico. Se è stato storicamente e politicamente giusto riformare anni fa il sistema sanitario - sostiene Ivan Cavicchi -, è stato un grave errore non riconsiderare allo stesso tempo anche tutti i "moduli" interni della medicina ippocratica-positivista. Analizzando le fratture e le contraddizioni tra il complesso sistema di regole e principi della scienza medica e la realtà del malato, Cavicchi suggerisce così una proposta di rinnovamento: non saranno più i cittadini a doversi adeguare alle difficoltà della medicina, ma andrà chiesto alle università, alle società scientifiche e agli ordini professionali di adattare il vecchio impianto concettuale ai cambiamenti del nostro tempo. Solo a quel punto la medicina potrà definirsi una scienza impareggiabile: in virtù della sua natura estesa, eterogenea, multiforme, e diventando una "medicina della scelta", potrà definire nuovi modi di operare dai quali ripartire per far recuperare ai cittadini la fiducia perduta. Prefazione di Filippo Anelli.