"Che cosa lega Oviedo, Torino e Manoppello? Tre reliquie di straordinario valore: un sudario, un lenzuolo e un velo. Tre reliquie preziosissime. Di più: tre documenti sconvolgenti. Tre prove d'un solo avvenimento: la sepoltura e la risurrezione di un corpo morto, di un cadavere, quello di Cristo, defunto sul Golgota venerdì 7 aprile dell'anno 30 e risorto tre giorni dopo, la domenica 9 aprile. In duemila anni queste reliquie, partite da Gerusalemme e dalla Terra Santa, hanno viaggiato dall'Oriente all'Occidente, ora esposte ora trafugate, ora venerate ora occultate, ora proclamate ora dimenticate. Su di loro si sono accaniti uomini (di scienza e non) ed elementi chimico-fisici (il fuoco), vere e proprie forze misteriose e malvagie nel tentativo di farle sparire: invano. Tanti hanno tentato di dimostrarne la falsità, pure con la mistificazione del carbonio 14: nessuno vi è riuscito. Da duemila anni milioni di persone (di fede, atee, curiose) si recano nei santuari che le custodiscono: contemplano, pregano, venerano, implorano, osservano scettiche. La Chiesa le custodisce, le studia e le fa studiare: ufficialmente non si pronuncia. Il Sudario di Oviedo e la Sindone di Torino sono ben noti: assai meno il Velo (o Volto Santo) di Manoppello, un Comune di 7000 anime (PE), a mezza costa del colle Tarigni, nella terra abruzzese fecondata dai seguaci della Regula benedettina (spinti dal quaerere Deum, «cercare Dio») e ricca di autentici gioielli quali Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo dei Marsi o San Pietro ad Alba Fucens in Massa d'Albe. Domina Manoppello una chiesa con facciata a riquadri bianchi e rosa che imita la basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio (ma risale agli anni Sessanta del Novecento). Chi entra in questo santuario è attratto dall'elevato tabernacolo che domina e sormonta l'altar maggiore: una stretta gradinata conduce il visitatore fin sulla sommità, in maniera da trovarsi affrontato a un misterioso volto, con gli occhi spalancati e interroganti, bocca semiaperta, impresso e non dipinto su un velo, tessuto di bisso marino, che non ha spessore; diafano persino, trasparente al punto da permettere di vedere aldilà. Eppure quel volto è lì, davanti a te, a pochi centimetri. Tu lo fissi e lui ti fissa; tu lo interroghi e lui t'interroga. Chi sei? «Tu chi dici che io sia?». Nulla s'ode eppure parla... La reliquia di Manoppello è un prodigio ma anche un giallo storico. Don Walter Amaducci, prima incuriosito e poi catturato da questo Volto, con avvincente e documentata narrazione ha pubblicato un prezioso volume: Il Volto Santo, Cesena, Stilgraf, 2023. È un lavoro sintetico, informatissimo, lucido e lineare, con tutti i dati utili e necessari, esaustivi eppure invitanti e disposti al prosieguo della ricerca e all'approfondimento della conoscenza; con un coinvolgimento che cresce fino a catturare totalmente: così che chi non ha mai veduto quel Volto s'appresta a partire d'impeto per Manoppello e chi già l'ha veduto (una o più volte poco importa) desidera ritornarvi per rivedere la misteriosa effigie e riprendere quel dialogo muto. Che cosa sono, dunque, questi tre teli? Il Sudario di Oviedo fu posto sul capo di Cristo per assorbire il sangue fuoriuscito dalle ferite. La Sindone di Torino è il lenzuolo che avvolse tutto il corpo del crocifisso. Il Volto di Manoppello venne deposto sulla testa di Gesù, già avvolta dai due teli suddetti. Come si spiegano? La risurrezione sprigiona un'irradiazione che s'imprime sul lenzuolo di lino, trasformandolo in lastra fotografica, mentre sul velo di bisso si forma l'immagine di un volto vivo, con gli occhi aperti: il volto di Cristo appena risorto, dunque la «vera icona», cioè la Veronica della leggenda e della tradizione. Quella Veronica per secoli venerata in San Pietro da orde di pellegrini (compreso Dante, che la cita nella Commedia)..." (Marino Mengozzi)