In "Tu è il mio respiro" si racconta che basta poco per dare e ricevere felicità. Ma, in quel "poco che basta", c'è sempre una lunga storia. Che la formazione del personale, non solo medico, carcerario, ospedaliero, riguarda il proprio "personale" interiore ed ulteriore, attraverso la cura del sé e di sé. Che la riflessione, il racconto del proprio lavoro, del proprio fare quotidiano, delle proprie esperienze diventa insieme una modalità di distanziamento tramite un cambio di prospettiva e, per suo tramite, di riappropriazione riflessiva della propria identità, per quanto parziale: chi sono, qui, in questo contesto e che cosa significa per la mia vita.