Scriveva Benedetto Croce nel 1903 che «'O voto» e «'O mese mariano» di Salvatore Di Giacomo «sono tra le pochissime opere del teatro italiano contemporaneo, le quali appartengono al mondo dell'arte» (l'autore non aveva ancora scritto il suo capolavoro, Assunta Spina). È impossibile, infatti, cogliere le linee della scena napoletana fra Ottocento e Novecento senza partire da Di Giacomo. È lui il capofila di un "teatro d'arte" - che si contrapponeva al teatro popolaresco, troppo elementare e approssimativo per i gusti di un pubblico colto - capace di far vivere nei suoi drammi le attese, le frustrazioni, le speranze e la vita quotidiana della Napoli fra Otto e Novecento.