Da un'intervista mancata, anzi due, si incrociano le vite di Marco, giovane giornalista, Ilaria, donna triste e perplessa, e Stella, una ragazza alla ricerca del proprio futuro. Su tutti e tre aleggia la figura di Gianni Tiraboschi, famoso intellettuale perennemente assente, dalle interviste a cui il giornalista lo vorrebbe sottoporre, dalle responsabilità familiari, dai rapporti affettivi. Nei tre tempi in cui si svolge la commedia, Marco si presenta ogni volta a distanza di anni nella stessa stanza della stessa villa isolata. Nel corso del tempo, veniamo a sapere, si è intrufolato nella vita di Ilaria, di Stella e, per vie traverse, molto pesantemente anche in quella di Tiraboschi. È diventato a sua volta un personaggio famoso, uno sceneggiatore. Alla fine, però, intorno a questo strano clan familiare, un microcosmo endogamico in cui si rispecchia il mondo intero, non appaiono che macerie. I sogni di tutti sono spariti, sostituiti dalle cicatrici di ferite dolorose. L'intervista è commedia cupa ma a suo modo brillante, dai dialoghi efficaci e calibratissimi come un orologio svizzero. Natalia Ginzburg dà prova di un funambolismo di scrittura per cui da una situazione teatrale minimalista (scena unica vista in momenti diversi, come nei film di Scola di quegli stessi anni Ottanta: "La terrazza", "Ballando ballando"; pochi personaggi) si dipana un intreccio di vite come in un romanzo di grosse dimensioni, in cui non mancano tra l'altro i colpi di scena.