Il volume intende sondare le teorie del comico nella trattatistica del Cinque- Seicento, quando l'incontro (o lo scontro) della tradizione e del canone con l'innovazione dell'attualità sperimentale è registrato nella riflessione teorica, accendendo un dibattito vivace e vivificante nella cultura italiana. Partendo dalla ricezione della Poetica di Aristotele nel Cinquecento, il volume esplora le riflessioni e le polemiche interpretative nonché gli esiti delle integrazioni delle teorie del comico, offrendo una panoramica delle più importanti voci che animarono il dibattito sul tema, da Francesco Robortello a Vincenzo Maggi, passando da Gian Giorgio Trissino, Giovan Battista Giraldi Cinzio, Bernardo Pino da Cagli, fino a Ludovico Castelvetro, Alessandro Piccolomini e molti altri. Una seconda parte è dedicata alle Accademie quali luoghi privilegiati di accoglienza di tali riflessioni, luoghi di "mediazione" anche tra teoria e pratica capaci di produrre significativi risultati. Successivamente il confronto si apre alla ricca produzione teorica dei Comici dell'Arte, sondando le riflessioni nate sulla rappresentazione teatrale anche in conseguenza della necessità di difendere la commedia e il mestiere dell'attore per la supremazia della pratica sulla teoria. Infine, il volume prende in esame le diverse prospettive teoriche del Seicento, analizzando le riflessioni di Basilio Paravicino, Matteo Peregrini ed Emanuele Tesauro, nel tentativo di evidenziare quanto il comico abbia rappresentato un momento necessario di confronto per la nascente identità moderna.