L'Ecuba è la tragedia di Euripide più letta e studiata nel Cinquecento, sulla scia di una lunga tradizione, antica e bizantina; la sua celebrità spiega l'interesse di Michelangelo il Giovane (1568-1647) che tradusse questo testo in competizione con le versioni latine e italiane di alcuni dei più celebri letterati dell'epoca (Erasmo, Melantone, Porto, Dolce, Gelli). Michelangelo rielaborò a lungo la sua resa in endecasillabi italiani, sottoponendo alcune delle numerose versioni del testo al giudizio di amici competenti, come Maffeo Barberini, il futuro papa Urbano VIII. Si pubblicano qui, disponendole a fronte e dotandole di apparato, le due fasi nelle quali può suddividersi il complesso processo creativo di quest'Ecuba italiana. L'introduzione descrive il modo in cui Michelangelo, traducendo dal greco, cercò di raggiungere un equilibrio tra aderenza all'originale e ricercatezza poetica.