Non si può dirlo altrimenti: questo è un libro sulla morte. È lei il centro allegorico e narrativo delle quattro opere con cui Maurice Maeterlinck, premio Nobel per la letteratura nel 1911, stravolse il teatro di fine Ottocento e indirizzò al simbolismo la Francia del suo tempo. La soglia è lo spazio occupato da questi personaggi, anime in bilico tra dentro e fuori, sapere e ignorare, vivere e morire. A seconda che si tratti della principessa che attende il suo promesso sposo, di una donna che sta morendo laddove tutti la credono in via di guarigione, di un triste messaggero, o di due innamorati infelici, il confine che le separa è ora varcato, ora rispettato per paura, ignavia o distrazione. Riunire in un'unica opera i quattro drammi di questa tetralogia (Le sette principesse, L'intrusa, Interno, Alladine e Palomides) significa rivelare la loro natura di tasselli di uno stesso discorso in quattro parti. Un discorso che traccia un arco di significato su cosa possa essere davvero morte: fato, scelta, soluzione, porta verso un altro mondo. Un discorso che, lì dove l'azione teatrale lacera il velo dell'illusione, rivela una luce accecante.