Nella Venezia settecentesca dominata dal realismo goldoniano, Carlo Gozzi si affida alla "fiaba di magia", della quale intuisce la potenzialità drammaturgica. Invece di insistere sul nesso maschere-parodia, l'autore scommette per intero sull'effetto spettacolo, sulla rappresentabilità del meraviglioso fiabesco, sulle ambientazioni esotiche, sul fascino che esse possono produrre, senza trascurare una satira piccante dei suoi contemporanei. Particolarmente amato dai romantici, che delle Fiabe apprezzavano in particolare gli elementi magici e fantastici, Gozzi ha ridato nuova e originale vita alla commedia dell'arte. Introduzione e note di Alberto Beniscelli.