Le Fenicie (411-409 a.C.) prendono il nome dal coro delle fanciulle inviate dai signori di Tiro al santuario di Delfi per essere consacrate ad Apollo e sorprese dalla guerra durante una sosta a Tebe. Tipica espressione della maturità di Euripide, la tragedia pone al centro dell'azione la contesa tra i figli di Edipo, Eteocle e Polinice, fratelli e nemici mortali che si disputano il regno: il primo è un despota crudele assetato di potere; il secondo un esule che soffre per la lontananza dalla patria e anela a una riconciliazione. Falliti i tentativi di mediazione della madre Giocasta, Polinice si unisce all'esercito di Argo per combattere contro Tebe, mentre Eteocle si erge a difensore della città. Nel duello finale tra i due fratelli che muoiono uno per mano dell'altro, avverando così la maledizione paterna, si assiste al tramonto della visione epica della guerra: in preda a un odio animalesco, i due eroi non parlano più il linguaggio dell'onore e della gloria, ma quello della pura sopraffazione dell'avversario. L'orribile delitto fratricida trascina nella sventura anche gli altri membri della famiglia dei Labdacidi, da Giocasta ad Antigone, suggellando il tragico destino della stirpe. Introduzione e traduzione di Umberto Albini Note di Fulvio Barberis.