"La buffa opera del Capo" è una satira politica, in forma drammaturgica, al potere nelle sue manifestazioni sociali attraverso il racconto di un sogno: il protagonista Ruspanti, un uomo che ha consapevolmente deciso di vivere estraniato dalle convenzioni e dai compromessi, immagina il suo momento di rivalsa prendendosi burla di alcuni personaggi, in una sala di attesa di una stazione, tutti in procinto di partire per concludere grandi progetti di vita: il Capo (il potere politico), il Commendator Cacciapaglia (il potere economico), il Grande Maestro Sebastiano Petaroscia (il potere culturale), Suor Clementina (il potere religioso), il Bigliettaio (il potere esecutivo), l'Altoparlante (il potere della propaganda). I continui e ingiustificati ritardi del loro treno in comune permetteranno a Ruspanti, con sarcastico e preciso raziocinio, in una rapida sequenza di interrogativi solo apparentemente sacrileghi, di demolire le certezze dei personaggi con finale a sorpresa. L'atmosfera è da "teatro dell'assurdo" attraverso la rappresentazione di uno spaccato di vita ai limiti della credibilità, denso di continui rimandi simbolici: il treno come fluire della vita, la sala di attesa come momento esistenziale di arrivo e di partenza, il doppio senso del significato delle parole come relativismo conoscitivo e incomunicabilità, la difesa dei ruoli come frontiera al diverso e ai cambiamenti.