Il 6 marzo 1820 Leopardi scrive a Pietro Giordani una lettera davvero straordinaria, in cui racconta all'amico un singolare momento di estasi notturna: «aperta la finestra della mia stanza, e vedendo un cielo puro e un bel raggio di luna, e sentendo un'aria tiepida e certi cani che abbaiavano da lontano, mi si svegliarono alcune immagini antiche, e mi parve di sentire un moto nel cuore, onde mi posi a gridare come un forsennato, domandando misericordia alla natura, la cui voce mi parve di udire dopo tanto tempo». Prendendo le mosse da questo spunto, il libro disegna un ritratto di Leopardi tra vita e letteratura facendo particolare riferimento agli anni centrali della sua produzione letteraria e assumendo come filo conduttore il rapporto tra sentimento e ragione, fantasia e pensiero, particolare e universale, l'io e il mondo, poesia e filosofia ecc. Non mancheranno riprese di altri temi come la cognizione leopardiana del dolore, il riso come risposta provocatoria al sentimento di nullità di tutte le cose, il contrasto tra la vocazione eroica e civile e la disperazione individuale, il "platonismo occulto" di Leopardi e la sua complessa relazione con il cristianesimo.