Il presente volume si propone, a partire dal caso specifico e paradigmatico di Massimo Bontempelli e in stretto riferimento al contesto italiano primo-novecentesco, di delineare l'intensa relazione che intercorse tra gli intellettuali e gli organi corporativi del regime fascista. Il quale, per estendere il proprio raggio d'azione (anche) alla cultura, si servì di una serie di apparati istituzionali che veicolavano, spesso in modo sinergico, robuste forme di sussistenza.