Nell'Inghilterra anglosassone (VIII-XI sec.) la stigmatizzazione di pozioni, incantesimi e pratiche magiche è espressa in numerose testimonianze che collocano tali manifestazioni al di là del perimetro delineato dai precetti della fede cristiana. Il volume indaga come una simile posizione, promossa dalla cultura 'ufficiale', sia rappresentata nella documentazione poetica dell'inglese antico, una documentazione che nel suo insieme tende a riproporre norme comportamentali e valori etici condivisi dal contesto sociale e politico di produzione e fruizione, almeno nella rappresentazione ideale della dimensione letteraria. Specifiche sono però le modalità attraverso le quali singoli poemi costruiscono la propria struttura narrativa, anche rispetto a fonti latine, attraverso usi, adattamenti e interpretazioni spesso originali di temi e di stilemi comuni. Così, la unanime e veemente condanna della magia si attua attraverso strategie narrative diverse nel Beowulf, nell'Andreas e nel Metro 26, tre poemi diversi per le tematiche affrontate, per il rapporto con le fonti, nonché per valore estetico.