Scopo di questo libro è descrivere come Calvino, Pasolini e Volponi abbiano previsto gli effetti di un'amministrazione tecnica della società, quali la progressiva disumanizzazione e la diffusione di narrazioni dissociate dalla realtà. Come un corvo che scruta dall'alto i destini generali, Calvino racconta la conflittualità senza epica, l'efficienza senza efficacia, l'utopia senza speranza, la lettura senza conoscenza; Pasolini mette a tema il proprio sdoppiamento per riflettere l'inconciliabilità fra trasumanar e organizzar, fra il trascendimento dell'individualismo e il modello tecnocratico della società, mentre, più implicato nelle pratiche industriali e senza nostalgie per esotismi bucolici, Volponi addita i rischi di un'interpretazione cibernetica della vita su un pianeta (troppo) irritabile. Oggi questa ingegneria sociale e la cultura neomodernista che le soggiace hanno trionfato, impattando anche sulle professioni della conoscenza, così private della loro naturale passione per il "rovescio delle cose".