Nella poesia di Leopardi parla sempre un pensatore, e nel pensiero parla sempre un poeta. Partendo da questo dato incontrovertibile appare evidente, sin dalle traduzioni giovanili dei classici e dalla prima pagina dello Zibaldone, il meraviglioso intreccio tra verso e prosa, tra scrittura d'invenzione e scrittura speculativa, tra levità creativa e rigore ermeneutico, tra narratività e argomentazione, tra immagini sensibili e immaginazione artistica. Ma, soprattutto, appare evidente quanto la parola poetica e la parola filosofica si appoggino su un medesimo tessuto espressivo-linguistico (l'utilizzo delle figure dell'analogia, e di un dettato vago e preciso insieme) e su una medesima matrice meditativa (il moralismo pratico antico e l'Illuminismo sensista empirista e materialista). Un amalgama davvero esemplare, in grado di elaborare una «grammatica della persona» e una "scienza dell'uomo" nuove e originali, così in anticipo sui tempi da essere ancora oggi assolutamente contemporanee.