Dante non fu solo un grande poeta, ma anche uno scienziato di valore, nei limiti della cultura del tempo. Nella sua poesia egli cita numerosi termini minerari, geologici e gemmologici. In particolare, nella Divina Commedia sono presenti i nomi di dieci pietre preziose, graduate nelle tre cantiche da pietre, a gemme, a gioie quanto più ci si avvicina a Dio. Il loro uso metaforico ne riflette soprattutto i caratteri materiali: colore, lucentezza, trasparenza. Scarsa è la considerazione per le "virtù" mistiche o magiche attribuite alle pietre dalla tradizione medievale, benché Dante dimostri di conoscere autori come Sant'Isidoro di Siviglia, Marbodo di Rennes e, soprattutto, Sant'Alberto Magno. Il confronto col coevo poemetto anonimo denominato Intelligenza mostra che Dante non crede che le pietre preziose possano essere talismani o amuleti. Delle dieci gemme citate sei hanno ancora gli stessi nomi: il significato di quattro è cambiato col progresso della scienza.