Giovanni Buono (o Bono) da Mantova, detto Zanebono, è un personaggio realmente vissuto tra il 1168 e il 1249. Alla sua straordinaria figura di giullare, poi di monaco eremita e fondatore di un ordine che ha prefigurato il francescanesimo, si è ispirato l'autore con queste "libere variazioni". Un testo che mescola il romanzo, il poema e il copione teatrale per narrare l'affascinante avventura di un uomo che tra spettacoli di piazza, scontri di sangue e pause di silenzio contemplativo va ricercando lo scopo, il compito della propria vita. L'arte del giullare, con tutta la sua carica vitalistica, provocatoria e irriverente, può conciliarsi con l'appartenenza ad un popolo e ad una chiesa? può accostarsi alla santità? Queste domande attraversano le pagine di un'opera insolita, articolata in tanti quadri come il tabellone di un cantastorie, dove il narratore a poco a poco si identifica con il suo protagonista, trasformandolo in una figura emblematica dell'eterna tensione tra l'Io e il Tu, della dialettica tra arte e istituzione e tra individuo e comunità, e della spietata lotta tra energia vitale e pulsione di morte. Giovanni Buono diventa così nostro contemporaneo: nella sua leggendaria vicenda non è difficile cogliere gli echi di drammi e interrogativi che ci toccano da vicino.