Dante si ispira strettamente al vangelo di Giovanni, ma, anziché iniziare come lui "in principio" a imitazione della Genesi, inizia "nel mezzo", dalla fase legalista, come Israele nel deserto e come Lazzaro. Come le sue sorelle (Maria e Marta) invocano Gesù a favore del "tuo amico" (Gv 11,3), così Maria e Lucia sollecitano Beatrice (immagine di Gesù) a intervenire per "quei che t'amò tanto" (If ii 104 cf v.61 "l'amico mio"), e come Gesù "amava" Lazzaro e "perciò" attese che morisse (Gv 11,5-6), così per amore Beatrice manda Virgilio a condurre Dante in inferno (If ii 72), perché "non li era altra via" (Pg i 62) "fuor che mostrargli le perdute genti" (Pg xxx 138). Poi Gesù chiamerà Lazzaro per nome per risuscitarlo; allo stesso modo in Eden, quando finalmente Dante ritrova Beatrice, lei lo chiama per nome, per fargli completare la confessione e disporlo a salire al cielo (Pg xxx 55). Dante ha colto il senso della risurrezione di Lazzaro e l'ha applicato a sé, riconoscendo anche il valore di stimolo, se non del peccato in se stesso, almeno della consapevolezza del peccato. La Divina Commedia è tutto un autoesame autocritico, essenziale alla conversione e al ritrovamento di Dio in sé.