Affermatasi "dal basso" nel corso degli anni Settanta, la letteratura selvaggia comprende una vasta produzione a carattere autobiografico, opera di autori posti ai margini della società ed estranei alle istituzioni letterarie, in cui trovano espressione le spinte antagoniste che in quegli anni animano i movimenti di contestazione. Operai, contadini, carcerati, fuorilegge, eroinomani, omosessuali, giovani emarginati intendono infatti il racconto del proprio vissuto come un atto d'accusa nei confronti dei valori invalsi nella società neocapitalistica e come forma di denuncia delle ingiustizie sociali subite, dando avvio a una diffusa tendenza in cui si manifestano appieno, assieme alle istanze politiche, la crisi che interessa lo statuto della Letteratura e la contestazione dell'establishment culturale del Sessantotto. Attraverso l'analisi di un corpus rappresentativo di testi e soffermandosi sugli autori di maggior rilievo, questo volume ricostruisce le caratteristiche del fenomeno in rapporto al contesto storico e culturale, ridiscutendo la definizione stessa di "selvaggi" e mettendo in luce le dinamiche editoriali che ne hanno reso possibile lo sviluppo, con particolare riferimento al ruolo cardinale di Nanni Balestrini, che diede origine alla nuova tendenza con l'ideazione della collana Franchi narratori di Feltrinelli.