Sul finire dell'Epoca Terza della Vita, Vittorio Alfieri scrive di aver fatto il suo « burlesco ingresso in Parnasso col socco e coturno ad un tempo ». Erano state infatti una tragedia e una commedia a essa legata, rispettivamente l'Antonio e Cleopatra e I poeti, a sancire l'inizio di una parabola che avrebbe portato alla stesura di alcune delle maggiori tragedie della tradizione letteraria italiana come di una serie di trattati di rilevanza europea. Al genere commedia, però, Alfieri sarebbe tornato solo in tarda età, portando a parziale compimento un progetto a lungo ponderato di sei Commedie, dissacranti nei riguardi delle manifestazioni del potere (L'Uno, I Pochi, I Troppi) come della decadenza morale e dei costumi (La Finestrina, Il Divorzio) e non di meno ancora capaci di proposte costruttive sui piani dell'etica e della politica (L'Antidoto). Ma che cosa rappresenta, all'interno del sistema letterario alfieriano, il nuovo approdo alla commedia? E quali sono le sue caratteristiche? Questo libro intende seguire le orme che Alfieri lascia col suo socco, la calzatura propria degli antichi attori comici, offrendo una sintesi interpretativa di queste ultime frecce scagliate contro gli inediti, grotteschi volti della tirannide: pertanto, il lavoro traccia un profilo storico e ideologico delle sei Commedie, analizzandone le specifiche formali e rilevando i legami che intrattengono con le precedenti esperienze comiche dell'autore. Incrociando intenzioni satiriche, riflessione sul teatro e proposta politica, si percorrono le molteplici vie della commedia alfieriana, considerata non come l'esito mediocre di uno scrittore che ha esaurito l'ispirazione, né lo sfogatoio di un reazionario incattivito, bensí in quanto contributo alla sperimentazione sulle forme del riso di un drammaturgo che critica il suo tempo ma che, guardandosi allo specchio, riesce anche a ironizzare sulle sue contraddizioni e ossessioni.