"I viaggi di Sindbad", una raccolta di fiabe serbe e persino alcuni racconti popolari finlandesi: la saga di Polifemo è ovunque. Jacob Grimm (1785-1863), filologo e linguista, rintraccia in questo saggio inedito in Italia una decina di varianti dell'archetipo del ciclope nei contesti letterari più remoti, provando a decifrare i diversi significati contenuti nella leggenda e cercando di ipotizzare alcune linee di derivazione. Alla ricerca di un fulcro, una «cellula originaria», intuisce sorprendentemente che la stessa Odissea è un punto di arrivo e non il principio della saga. Nella sua postfazione al saggio Francesco Valagussa torna sul rapporto tra mito e origine. Passando dall'occhio come simbolo del sapere divino al Sauron di Tolkien, si può mostrare come l'eterna lotta tra il giorno e la notte, tra il cielo e gli inferi, si rifletta, in termini etici, nel contrasto tra l'abilità colma di astuzia e le oscure forze titaniche. Le ricerche di uno spirito romantico come quello di Grimm dischiudono lo sguardo su un panorama inaspettato: non c'è cultura che non sia permeata, alimentata e nutrita quotidianamente da un generoso apporto di narrazioni, usanze e consuetudini appartenenti a tradizioni lontane. "La saga di Polifemo", opera di uno dei più grandi esponenti del romanticismo europeo, illustra la ricchezza delle identità multiple sottese al concetto di cultura e nazione. Una piccola chicca letteraria e filosofica che intreccia etica, fiaba e immaginazione.