"Era l'intento che contrassegnava l'opera letteraria di Giovanni Colombo: quello di ricercare e di perseguire tra le intime pieghe delle figure da lui delineate, e quasi cesellate con inimitabile finezza, le vicissitudini e i travagli della grazia, ossia la presenza di Cristo o la sua assenza o l' aspirazione a lui o la sua nostalgia. E, infatti, Colombo avvertiva tale presenza sotto una molteplice varietà di forme: da quella limpida e luminosa del suo celebrato e incantevole maestro di Università, Giulio Salvadori, a quella nelle trame contorte e ambigue dei romanzi di Mauriac, a quella inconsapevole nello stesso Virgilio e forse rintracciabile persino in Giosuè Carducci. 'Io sono persuaso - non esiterà a scrivere - che la Provvidenza ha suscitato sul confine del paganesimo il cigno mantovano perché sotto le sue ali purificasse tutta la poesia ellenica e romana, e la rendesse così degna del battesimo, quel battesimo che Dante le amministrerà per condurla nei regni ultramondani'. D'altra parte una tale presenza religiosa viene avvertita e fatta risaltare 'naturalmente', ossia non contorcendo o alterando i testi degli scrittori, ma leggendoli dall'interno, nello spirito che ne anima la lettera. Ecco perché riteniamo quello di Colombo un lascito prezioso nella tradizione letteraria religiosa, che è indice di intelligenza conservare e tramandare." (Inos Biffi)