Il libro esamina cinque poeti "eretici" del Sud: Girolamo Comi, Raffaele Carrieri, Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Carmelo Bene, accomunati da una spiccata dissidenza rispetto a una norma stilistica stabilita - manifestata con pratiche scrittorie anche radicalmente originali e una ricerca linguistica ora costruita sull'esercizio virtuosistico di sottili variazioni (in Comi e Carrieri), ora caratterizzata da una hybris forsennata e metamorfica (in Bodini e Pagano), o addirittura barbarica e deflagrante (in Bene) - riconducibile nell'alveo del barocco, inteso come atteggiamento estetico contrapposto al classico; e inteso in senso "ambientale", cioè come spirito del luogo, genius loci. Un barocco "indossato", nei loro versi, come una maschera rigogliosa di efflorescenze che nasconde la vacuità e caducità del reale, e sembra replicare, a livello espressivo e figurale, l'oltranza decorativa che informa alcune mirabili architetture del territorio di origine. La loro poesia, generalmente estromessa dai manuali e dalle antologie, stimola la riflessione su una possibile riforma del canone, a partire dal riposizionamento dei tradizionali equilibri tra centro e periferia.