In questa raccolta di saggi, composti nell'arco di oltre un ventennio, il francesista Pasquale Di Palmo sviluppa un'idea di critica funzionale ai suoi interessi, tesi a privilegiare un'idea non convenzionale di poetica, spesso in aperta contrapposizione con quella accademica o recepita dal canone dominante. Tale idea presuppone un'esegesi nei confronti dell'opera di alcuni autori irregolari mai esente da una forte compromissione empatica. Si prende così in esame una linea di poeti e prosatori che, dalla fine dell'Ottocento a oggi, ha indelebilmente marchiato il panorama letterario transalpino: dal controverso Huysmans, in bilico tra sacralità ed esoterismo, a Thierry Metz, emblematicamente suicida alle soglie del secondo millennio. Tra i due estremi una carrellata di "eretici" con i quali Di Palmo si è speso in un approfondimento capillare, volto al recupero del concetto, sempre più inattuale, di "autenticità", inviso al depauperamento esegetico dei nostri giorni. Si avvicendano così le figure di Artaud e Desnos, Daumal, Michaux e Genet, ma anche quelle meno conosciute di Gourmont, Milosz, Gilbert-Lecomte, la cui opera variegata è affrontata con l'ausilio di forti valenze comparatistiche. Spesso tale paziente lavoro di scavo, affine a quello dell'archeologo, è andato di pari passo con l'impegno del traduttore che si è misurato nel riportare in italiano testi inediti o rari di questi autori, in un corpo a corpo linguistico non disgiunto dalla definizione, coniata da Artaud, di "suppliziati del linguaggio", tesa a contrapporre la veracità insita in Poe e Baudelaire all'ambivalenza di Lewis Carroll. Un simile tentativo di "rubare la lingua" richiama la disinvoltura con cui Prometeo sottraeva il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini.