L'oratio VIII mette in scena le vicissitudini dell'emeritense Valerio Fortunato. Nato clarissimus, nella prima infanzia aveva perduto il rango senatorio, restituito intempestivamente alla autorità imperiale dalla madre, convinta di poter salvare così lo scarso patrimonio rimasto ai suoi dopo la scomparsa del pater familias. Una volta cresciuto, il giovane, per evitare il reclutamento fra i decurioni di Emerita, aveva sconfessato la petizione materna e impetrato dagli imperatori la reintegrazione. In questo modo però aveva riattivato gli oneri spettanti a lui come a tutti i clarissimi di nascita. Simmaco rivolge ai senatori la richiesta che a suo tempo avrebbe potuto inoltrare la madre di Valerio Fortunato, e cioè di decretare l'allestimento di una editio quaestoria proporzionata alle sue magre risorse. Benché ridotta a un breve frammento, l'orazione offre ampie possibilità all'esegesi delle strategie espressive di Simmaco e all'approfondimento delle istituzioni della società tardoantica.