Le teorie letterarie e le metodologie critiche non sono elaborazioni concettuali astratte, fuori dalle contingenze storiche, spersonalizzate. Sono ideate e messe in pratica da studiosi che hanno i loro percorsi biografici e intellettuali, hanno maestri da cui a un certo punto si distaccano, incontrano altri studiosi, modificano il loro pensiero, affinano le loro tecniche. In questo suo nuovo libro, Cesare Segre parte proprio da una serie di profili di grandi personaggi: Spitzer e Auerbach, paladini della critica stilistica, cosi simili nelle vicende biografico-accademiche, cosi diversi nell'approccio alla letteratura; un critico d'arte di impostazione warburghiana come Meyer Schapiro e uno di tradizione crociana come Cesare Brandi; e poi Gianfranco Contini tra filologia, critica e politica; il geniale Starobinski; l'amico e contraddittore di una vita, Cesare Cases; l'inquieto Lotman, che a ogni libro sembra abbandonare le posizioni di quelli precedenti. Ripercorrendo il lavoro di queste grandi figure con analisi del pensiero e, a volte, della lingua, Segre ci offre una "piccola storia della critica" che è anche una grande pagina di storia della cultura. Dopo una seconda sezione teorica in senso stretto, che non manca mai nei libri di Segre, la terza parte è dedicata alla lettura dei testi ed è centrata su due capolavori assoluti: l'"Orlando furioso" e il "Don Chisciotte", visti singolarmente, nel loro rapporto e nelle differenti fortune.