Ad ogni anniversario, il pensiero e l'opera di Giovanni Verga si ripropongono come un «caso», la cui valutazione, da parte dei critici, è condizionata dal «contesto», in cui essa si inserisce. Così, in questo centenario della morte dello scrittore siciliano, il «riflusso nel privato», che domina la società italiana ormai da tanti anni, ha portato buona parte degli studiosi a riproporre, seppur in varianti ingegnose, letture di carattere formalista, lungo la scia dello «strutturalismo», del «post-strutturalismo», del «decostruzionismo» ecc., che mirano a mettere non solo «fuori campo», ma anche «fuori gioco», l'autore, per non affrontare la questione spinosa della sua «ideologia». Il presente volume vuole segnare una svolta, conducendo un'analisi «integrale» dell'opera del Verga, che, seguendo l'esempio di De Sanctis e di Gramsci, ma anche di Auerbach e della migliore tradizione filologica italiana (Pasquali, Timpanaro), evidenzi l'«unità inscindibile» che vi è in essa tra «forma» e «contenuto», vale a dire tra contenuti ideologici e forme letterarie, nella consapevolezza che le forme «estetiche» sono contemporaneamente forme «morali» e che la lingua ha in sé una inseparabile dimensione «ideologica», incorpora e veicola la concezione generale del mondo propria dell'autore.