Il libro esamina come la letteratura ha rappresentato l'evento rivoluzionario (accaduto, atteso, temuto) dall'epoca della Riforma protestante fino al '68 e oltre. La Rivoluzione, qui intesa latamente come possibilità di sollevazione di massa e trasformazione "catastrofica" del mondo, è considerata come una specie di grande metafora con cui l'Occidente moderno si è concepito nei termini di un progetto pericolosamente aperto sul futuro. Si comincia con Machiavelli passando attraverso Milton, Büchner, Hugo, Manzoni, Zola, Nievo, Verga, fino ad arrivare a Malaparte, Pasolini, Calvino e tanti altri, anche saggisti (da Galileo a Gramsci). Al centro ci sono soprattutto gli scrittori italiani perché essi sono ritornati tante volte sulla Rivoluzione come occasione mancata. Essi vengono fatti dialogare con alcuni grandi scrittori europei sulla base di pochi grandi motivi ricorrenti. In definitiva, il libro intende essere una specie di excursus attraverso tante visioni e versioni del fenomeno rivoluzionario per giungere a un bilancio finale e provare così a rispondere alla domanda se e come la letteratura possa ancora con i suoi mezzi immaginare un futuro altro, sia esso in chiave di sogno o di incubo.