In principio ci sono le storie. Campi magnetici. Singole tessere del reale escono dal rumore bianco del mondo e si mettono a vibrare con un'intensità particolare, anomala. La genesi di una storia può durare un attimo o incubare per anni. Le forme dei campi magnetici che chiamiamo storie sono illimitate. Don Giovanni e Dracula sono buchi neri attorno ai quali un intero mondo prende vita. Nell'Amleto e nei Vangeli un frammento, apparentemente impazzito, diserta e mette in pericolo tutta la sequenza del reale. Poi ci sono le trame. Abitano le storie, le attraversano, e le rendono leggibili. Sono geroglifici che le significano, mappe che le raffigurano. Ma il gesto del narrare non è ancora compiuto. Manca una componente chimica, la più misteriosa, l'unica che abbia a che vedere con la magia. Lo stile. Non si può insegnare, lo si possiede. È un suono unico. Sgorga da un'intimità altissima e inaccessibile. Tiene insieme cielo e terra. Il cielo delle storie, la terra del reale. Leggendo questo libro si entra in un universo alchemico. "Sono le cose principali," scrive Alessandro Baricco, "che mi è accaduto di capire da quando mi occupo di narrazione." A volte è difficile distinguere tra magia e illusione ottica, tra evento mistico e processo chimico. Lungo questo confine enigmatico si compie il gesto del narrare, fatto di elementi che, se ben intrecciati, danno un suono a certe misteriose vibrazioni del mondo. Questo gesto si può imparare? Chi può insegnarlo? Una via della narrazione esiste e "il suo compito possibile è portare brevi esistenze individuali a compimento, saldando quanto è certo nella loro coscienza a quanto ancora è pagina in bianco e carta coperta".