Didone, esule regina fenicia, fonda Cartagine, accoglie Enea in fuga da Troia, se ne innamora follemente e, abbandonata, si toglie la vita per aver tradito la fedeltà alla memoria del marito Sicheo. Questa è la storia che racconta Virgilio nel IV libro dell'Eneide: una commovente tragedia incastonata nell'epos, forse il testo più celebre e fortunato della letteratura di Roma. Esisteva però un'altra Didone, precedente all'Eneide: l'eroina del mito che pur di non venir meno al primo vincolo nuziale si getta tra le fiamme. Di qui il paradosso della sua fama: da eroina della fedeltà coniugale, Didone diviene, grazie a Virgilio, protagonista di una tragedia di amore e di abbandono. Ma a partire da Ovidio, nelle riscritture successive il dialogo allusivo tra le "due Didoni" riaffiora ogni qual volta un autore vorrà scontrarsi con Virgilio e con la tradizione culturale "ufficiale" che si identifica con la sua poesia. Exemplum morale in Boccaccio, tormentata protagonista intertestuale nelle rinnovate forme tragiche del Rinascimento, amante moderna che inaugura la rivoluzione del melodramma settecentesco, straziante simbolo o allegoria nello sperimentalismo della poesia del Novecento: infinite e sempre nuove le sfumature nelle quali Didone si rivela nei testi di questo volume. Poiché inesauribile è la ricchezza della poesia da cui proviene, e universale la sua tragedia d'amore.