Ha senso "tradurre" Dante, ossia l'autore di un poema scritto in una lingua "futura" che sfrutta ogni forma di linguaggio ammissibile da un uomo del XIV secolo? Dopo un ventennio di riflessione e di commercio col testo, e soprattutto dopo aver constatato che anche i lettori più colti della Commedia (esclusi ovviamente i dantisti e gli appassionati competenti) hanno un'idea quantomeno vaga del poema, l'autore di questa decodifica ha pensato che una versione in prosa, nella totale fedeltà al testo dantesco, possa agevolarne la comprensione, per tentare poi, in seguito, una lettura dell'opera originale.