«Non con intenti solamente artistici - scrisse un recensore - ma umani», il saggio di Giovanni Vaccarella propone una lettura della poetica di Poliziano per frammenti, distinguendo la «sostanza lirica convenzionale» dai momenti di autentica «poesia nativa». Questi ultimi si legavano, secondo il critico siciliano, alla psicologia stessa del letterato quattrocentesco, estranea alla composizione di largo respiro: «La sua gioia si consumava in momenti improvvisi, [...] in illuminazioni ». Se molti criticarono come troppo impressionistico questo approccio, la pubblicazione nel 1925 della monografia su Poliziano riflette l'ideale editoriale di un bilanciamento tra filone letterario e politico, nonché, in un momento di particolare attenzione da parte di Gobetti per la questione meridionale, la ricerca di un sempre maggiore coinvolgimento degli intellettuali del Sud nelle sue iniziative.