Questa storia della commedia fiorentina in vernacolo - genere che in un passato non troppo remoto ha goduto d'enorme popolarità, anche oltre la cerchia delle mura fiorentine - contribuisce innanzitutto a non far dimenticare una lingua antica e illustre: quel volgare trecentesco che Ferdinando Paolieri evoca nell'introduzione a I' Pateracchio, ancora rintracciabile nella parlata quotidiana delle genti del contado. In più grazie soprattutto ad Augusto Novelli, il più celebre d'una nutrita schiera di drammaturghi - la commedia vernacolare ci tramanda l'immagine nostalgica d'una Firenze popolata di artigiani e bottegai, mamme e fidanzate, coi loro piccoli, quotidiani drammi domestici. Oggi quella città, quel mondo e quella gente non esistono più, scomparsi come molti teatri popolari un tempo gremiti di pubblico. Il libro costituisce così uno stimolo a mantenere viva una tradizione che può ancora oggi essere frequentata, restituendo alla memoria accanto ai nomi più celebri quelli d'autori oggi quasi dimenticati, come Nando Vitali, Giulio Svetoni, Ugo Palmerini, Giuseppina Viti Pierazzuoli, Virgilio Faini e molti altri.