Napoli sventrata, risanata, abusata dal potere e svilita dalle dominazioni. La Napoli brulicante di sventurati che dormono per strada e diffondono il colera, la Napoli dei café chantant e del Salone Margherita. Napoli ripudiata, salvata, e poi abbandonata di nuovo, a se stessa, ai poveri diavoli che la abitano e ai tracotanti ricchi che vorrebbero governarla. Napoli violenta, Napoli violentata, Napoli che subisce e non si ribella. Napoli presa a schiaffi. Sorretto da una scrittura sagace e pungente, Renato Ribaud, con una serie di efficaci pennellate, riesce a descrivere le atmosfere di un'epoca, compresa tra fine Ottocento e secondo dopoguerra, in cui la città vive una decisiva trasformazione. Grazie all'impulso dato da politici illuminati quali Agostino Depretis e Nicola Amore, sotto lo sguardo attento e inflessibile di una giornalista di razza come Matilde Serao, spinta da un popolo diviso sulle denominazioni toponomastiche ma unito dall'irrefrenabile desiderio di divertirsi e di divertire, Napoli troverà, proprio in quegli anni, il coraggio di cambiare pur provando a rimanere, testardamente, se stessa.