Senza patria, senza una lira, senza famiglia, senz'arte ne parte e senza un'idea per la sua natura intrinseca in una casa da dove lo buttano fuori a calci, quel di Betto è un cane emarginato, che con se stesso pone un tema modernissimo in questa società globale che, prima della depressione economica, soffre d'una crisi d'identità individuale e collettiva senza precedenti, che deve fare i conti col diverso ed è tornata ad avere problemi anche per mettere qualcosa sotto i denti. Le magnifiche sorti e progressive della così detta società del benessere, fino all'altro ieri prerogativa d'uno solo dei quattro punti cardinali, estesa agli altri tre ha creato non pochi problemi al mondo che si rispecchiano in una provincia come la nostra, con sfumature tipiche locali. Per una città come Arezzo, i cui abitanti sono stati bollati una volta per tutte come "botoli ringhiosi" l'allusione ai cani diventa un fatto scontato. Ed ecco, dopo il Can da l'Agli, dispettoso quanto sfortunato, Il Can de Betto, autarchico per necessità, simbolo di tutti quelli che godono soltanto del riflesso dei piaceri altrui.