Negli anni '30 del Novecento se l'era turistica del treno aveva ormai superato la maturità, iniziava proprio allora quella dell'automobile. Grazie alla versatilità di questo nuovo mezzo, la borghesia stava modellando un'arte raffinata del viaggio, da declinarsi in nicchie culturali d'avanguardia ben rappresentate dalle Guide Rosse del TCI, di regola dai contenuti davvero enciclopedici; ma sul fronte opposto erano apparsi i Treni popolari, sponsorizzati dal regime di allora, che permettevano anche a strati appunto popolari un approccio essenziale alle bellezze di città cariche di arte e di storia. La crescita dei mezzi editoriali accompagnò questi movimenti turistici di massa proponendo un modello di viaggio che univa all'antichissimo piacere dell'itineranza uno stimolo per acclimatarsi con una prima impostazione artistica di base, per emozionarsi davanti ad una reliquia fondamentale del Cristianesimo (è il caso del Corporale di Orvieto), e per soddisfare la ricerca sensuale del buon mangiare e del buon bere. È forse solo un caso che il film Treno popolare di Raffaello Matarazzo, che narra di una gita collettiva ad Orvieto, sia proprio del 1933, lo stesso anno di questa guida? Introduzione di Raffaele Davanzo.