In un'epoca di memorie confuse e sbiadite, la fotografia mantiene intatto il suo valore narrativo lasciando a chi guarda, non solo il godimento estetico dell'immagine ma soprattutto possibilità di rielaborare, all'interno di un vissuto personale o familiare in cui affondano le nostre radici. "Noi siamo quello che ricordiamo" scriveva Mario Luzi, e ricordando ciò che eravamo, non significa lasciarsi andare alla nostalgia di un tempo passato, ma neppure rifiutare quel tempo a favore di un "progresso" basato sul consumismo e sull'apparire. Riguardando queste foto l'autore ha ripercorso la sua infanzia, la terra che lo ha vaccinato, i gesti ormai scomparsi, una "cultura" che è stata spazzata via nonostante siano passati solo sessant'anni. Ma il tempo invecchia in fretta e per questo è importante ricordare, perché se noi siamo l'albero queste sono le nostre "radici".