È il 3 maggio 2016 e a Fort McMurray, Alberta, Canada, fa molto, troppo caldo: non piove da settimane, la foresta sterminata che circonda la città è secchissima, il suolo inaridito, i venti sempre più forti. E basta una scintilla perché scoppi un incendio incontrollabile: il Bestione, come viene chiamato, divora migliaia di chilometri quadrati di terreno e genera una nube di fumo che crea un sistema meteorologico a sé, fatto di fulmini e grandine nera. Sembra avere vita propria e una volontà distruttiva: lo raccontano gli abitanti in fuga, tutti miracolosamente illesi, le autorità che monitorano impotenti la situazione, i pompieri. John Vaillant raccoglie le loro testimonianze in una storia tesissima e mozzafiato che spazia dal Canada alla California all'Australia per raccontare il culmine del Petrocene, l'età del petrolio, in cui abbiamo risposto al nostro incessante bisogno di energia addomesticando il fuoco, costi quel che costi. Come è successo a Fort McMurray, la cui esistenza si fonda sull'estrazione del bitume, un processo complesso, energivoro, a malapena redditizio e che per di più non si può fermare, neanche quando la città è in fiamme. Si creano allora fenomeni per cui sono stati coniati neologismi come «tornado di fuoco» o «pirocumulonembo», con una potenza pari a una bomba atomica, e destinati a ripetersi con frequenza crescente in un mondo surriscaldato. Con il passo dei più incalzanti film d'azione e il rigore del grande giornalismo d'inchiesta, "L'età del fuoco" racconta del coraggio di chi il fuoco lo ha combattuto e dell'avidità di chi l'ha favorito, pur ricordandoci che invertire la rotta è ancora possibile se a Fort McMurray sono tornate a fiorire le aiuole.