Alla possibile ridefinizione in termini autonomi e peculiari dell'utilitas publica da parte della giurisprudenza severiana è riservato il secondo tomo, nel quale l'autore propone approfondite esegesi dei passi del Digesto in cui compare l'espressione in parola, organizzati secondo una scansione tematica strutturata in quattro capitoli. Nel primo di essi sono affrontati problemi inerenti agli status personarum, così come desumibili da tre testimonianze, due delle quali tratte dal commentario ulpianeo ad Sabinum ed una attribuita a Trifonino: secondo Ulpiano, in particolare, la publica utilitas si connoterebbe immediatamente come espediente di natura processuale in grado di far prevalere principi di ordine pubblico (si pensi al favor pupilli), assumendo una duplice connotazione. Infatti, se da un lato essa costituisce la ratio cui sarebbe ispirato il superamento degli angusti confini civilistici al fine di valorizzare personalità e libertà, dall'altro giustificherebbe l'operatività di strumenti processuali intesi a derogare all'ordinaria incapacità dello schiavo, il quale risulta autorizzato ad agire per l'esecuzione di un fedecommesso di libertà. In altra occasione l'espressione è invocata per comporre il conflitto potenzialmente verificabile tra norme eterogenee operanti nel medesimo ordinamento, specificamente in materia di tutela pupillare: l'espediente è attivato dal giurista, che scioglie la contraddizione sostituendosi all'intervento moderatore del princeps.